Ieri, fra le altre cose, in termini di accessibilità abbiamo accennato anche a un linguaggio,il gobish.
Questo termine deriva da globe e english e non consiste propriamente in un nuovo linguaggio ma in un linguaggio linguaggio derivato dall’inglese e imposto dalla Rete.
Da molti è stato definito l'“Inglese da aeroporto” perchè non è un inglese da "madrelingua" bensì un inglese per "farsi capire".
Un'inezia di vocaboli essenziali per far comunicare lo sterminato ed eterolinguistico popolo della rete.
Da molti è stato definito l'“Inglese da aeroporto” perchè non è un inglese da "madrelingua" bensì un inglese per "farsi capire".
Un'inezia di vocaboli essenziali per far comunicare lo sterminato ed eterolinguistico popolo della rete.
L’idea è del dirigente IBM in Francia, Jean-Paul Nerriére che ne ha fissato le caratteristiche nel libro “Don’t speak english, parlez Globish”. Il tutto è partito dalla constatazione di come i suoi colleghi non anglofoni, da Seul a Mosca, utilizzassero un vocabolario limitato e una sintassi standardizzata attraverso cui riuscivano a farsi capire meglio tra loro che quando dovevano parlare con un inglese madrelingua o con un americano di Dallas.
“Il medium è il messaggio”, ha detto McLuhan. Con il Globish e la Rete la teoria trova un perfetto risvolto pratico.
“Il medium è il messaggio”, ha detto McLuhan. Con il Globish e la Rete la teoria trova un perfetto risvolto pratico.
Le lingue, in relazione alle tecnologie stanno cambiando...magari a discapito della correttezza linguistica ma a vantaggio della cosa principale: la comunicazione.
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